Caso Bozzoli, il pm di Brescia: “Mai ravvisato il pericolo di fuga”
“E’ sempre stato disponibile e reperibile o avremmo agito diversamente”, spiega al Corriere della Sera l’ex procuratore generale Pier Luigi Maria Dell’Osso. Diffusi gli ultimi movimenti della sua Maserati: avvistata a Manerba (Brescia) il 23 giugno
Dopo la conferma della condanna all’ergastolo da parte della Cassazione nei confronti di Giacomo Bozzoli, e la sua irreperibilità, parla al Corriere della Sera Pier Luigi Maria Dell’Osso, il magistrato che nel marzo 2018, a capo della Procura di Brescia, prese in carico l’inchiesta sulla “scomparsa” di Mario Bozzoli – avvenuta nel 2015 – e nel 2020 chiese il rinvio a giudizio solo a carico del nipote per omicidio. “Allora ho fatto semplicemente ciò che ritenevo di dover fare. Andare avanti e non archiviare, ma tentare ulteriori investigazioni. Le indagini prima e i processi poi hanno confermato la giustezza di quelle valutazioni”, spiega. E sulla fuga, sottolinea: “Mai ravvisato il pericolo di fuga altrimenti avremmo agito diversamente”.
Giacomo Bozzoli adesso non si trova: “Credo che chi è stato incaricato di eseguire la sentenza si starà dando da fare come è assolutamente doveroso che sia – risponde -. Ma è chiaro che da uomo libero fino a quel momento ben sapesse la data in Cassazione. Credo sia necessario attendere qualche giorno: per capire le sue intenzioni, ma anche i risultati a cui le ricerche porteranno”.
C’è chi ancora si chiede perché non sia finito in carcere anni fa: “I presupposti per un arresto, una misura cautelare, si valutano momento per momento. Con il senno di poi ci si chiede se si è agito davvero nel modo giusto. Ma valutare spetta a chi ha la competenza per farlo, e anche quando ero io a indagare sul caso, Bozzoli è sempre stato disponibile e reperibile”. Il pericolo di fuga non fu mai ravvisato, “altrimenti avremmo agito in modo diverso”.
Può ancora costituirsi “Nell’ultima settimana, magari, in previsione della sentenza fissata in Cassazione, si è portati a ritenere che fosse in qualche modo monitorato. Monitorare però non significa fermare. Certo, poi proprio nel momento più delicato, per ora, ha fatto perdere le sue tracce. Questo breve lasso di tempo però lascia pensare che possa ancora costituirsi. Ha sempre dimostrato di essere ben presente a se stesso”.
Alle 5.51 del 23 giugno è stato registrato un passaggio della Maserati Levante, intestata al 39enne, al casello di Manerba, in provincia di Brescia, due minuti più tardi da quello di Desenzano e uno successivo alle 6.03. Si sarebbe dunque allontanato con moglie e figlio a bordo della propria vettura. Il suocero, sentito dagli inquirenti, avrebbe riferito che la famiglia sarebbe “in una località imprecisata della Francia”.
Hanno dato esito negativo fin qui le ricerche nella villa a Soiano del Garda, in quella di Marcheno intestata al padre Adelio, nella sede di lavoro a Bedizzole, nella galleria d’arte dove lavora la moglie e in una casa ad Ortisei riconducibile alla famiglia. Il presidente della prima sezione penale di Brescia Roberto Spanó ha intanto firmato il decreto di latitanza, ma ancora non è scattato il mandato d’arresto internazionale che potrebbe essere emesso al termine della giornata, qualora Giacomo Bozzoli non si costituisca alle forze dell’ordine.
Il 39enne ha sempre negato di aver ucciso lo zio Mario, quel parente che sul cellulare aveva salvato sotto il nome “merda”. E che è scomparso attorno alle 19.18 dell’8 ottobre 2015 quando il forno più grande della fonderia di Marcheno, di cui Mario era comproprietario con il fratello, padre di Giacomo, va in blocco per una fumata anomala.