La Cina abbandona la strategia Zero Covid scossa da proteste e sull’orlo del collasso economico
Il politburo del partito comunista cinese presieduto da Xi Jinping ha deciso di cambiare l’approccio ‘zero Covid’ per uno più attento alla crescita economica e anche per tenere a bada la protesta sociale
La Cina abbandona il protocollo Zero Covid: niente più test per viaggiare nel paese e i casi asintomatici o pauci sintomatici di COVID-19 potranno curarsi in quarantena a casa con la terapia domiciliare mentre i contatti stretti dovranno osservare solo 5 giorni di isolamento. Un cambio di passo importante adottato oggi dal politburo del Partito Comunista cinese e segno di come la Cina stia preparando la sua gente a convivere con la malattia come succede ormai in tutto il resto del mondo. “La maggior parte dei casi sono infezioni asintomatiche e casi lievi che non richiedono cure speciali – ha affermato in una nota la Commissione sanitaria nazionale – Le persone asintomatiche e i casi lievi possono essere isolati a casa ed essere trasferiti in ospedale solo se le loro condizioni peggiorano”. Un drastico cambiamento rispetto alla norma in vigore che richiedeva che ogni caso positivo fosse portato in un centro di quarantena. Le aree a basso e ad alto rischio di contagio saranno definite a livello di edifici e i complessi residenziali non dovrebbero più essere sigillati.
Secondo le nuove istruzioni svelate dalla Commissione sanitaria nazionale (Nhc) verrà ridotta la richiesta di sottoporsi a test anti Covid – i test molecolari saranno richiesti solo nelle aree ad alto rischio – mentre fino ad oggi viene chiesto ai residenti di sottoporsi a test più volte alla settimana per poter accedere a qualsiasi luogo pubblico. Sarà così possibile viaggiare da una provincia cinese all’altra senza dover presentare un test negativo da meno di 48 ore, e non sarà richiesto alcun test nemmeno all’arrivo. Test negativi saranno richiesti solo per ospedali, scuole e case di riposo.
Se per quasi tre anni la Cina ha gestito il COVID-19 come una malattia pericolosa alla pari della peste bubbonica e del colera, dalla scorsa settimana alti funzionari hanno riconosciuto la ridotta capacità del nuovo coronavirus di causare malattie mentre gli esperti cinesi hanno suggerito che non è più mortale dell’influenza stagionale. Tanto che ora la Cina potrebbe cambiare il suo nome ufficiale della malattia: non più quindi COVID-19 che lo identifica come la malattia che causa la polmonite, ma semplicemente un virus infettivo per sottolineare la mutazione dello stesso e la minore patogenicità. Lo ha detto Gu Xiaohong al quotidiano statale Beijing Daily spiegando come l’approccio della Cina al Covid passerà da test diffusi e quarantena dei casi positivi in strutture specializzate alla cura a domicilio dei casi leggeri.
Il cambio di passo dopo le rivolte sociali ma non solo. Sullo sfondo le preoccupazioni finanziarie con il crollo delle esportazioni e importazioni – sotto l’effetto combinato della sua politica zero Covid e della contrazione economica globale – mentre il debito pubblico è letteralmente fuori controllo. Il debito complessivo della Cina espresso come percentuale del suo prodotto interno lordo (Pil) ha segnato un nuovo record alla fine di giugno, per effetto dei massicci prestiti sottoscritti dalle autorità locali per sostenere l’economia gravata dalle politiche “zero Covid”. È quanto emerge dagli ultimi dati pubblicati dalla Banca dei regolamenti internazionali, secondo cui il credito al settore non finanziario cinese ha raggiunto la cifra di 51.870 miliardi di dollari, pari al 295 per cento del Pil nazionale: il dato più alto mai registrato dal 1995 ad oggi. Secondo il think tank cinese National Institution for Finance and Development, da giugno ad oggi la percentuale ha registrato quasi certamente un ulteriore incremento, sino a toccare il 300 per cento. Le ricadute della pandemia dovrebbero costituire un problema a breve termine anche sul fronte finanziario, ma secondo il quotidiano “Nikkei” la tendenza a lungo termine della Cina non appare migliore, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e della scarsa natalità.