Manovra “demenziale”, Calenda oltre Letta e Conte: “Inutile scendere in piazza, Meloni va aiutata”
«Quindici miliardi subito nelle tasche di imprenditori, soprattutto, e imprese per far pagare agli italiani la metà delle bollette».
È così che il Terzo Polo ha presentato ieri la contro-manovra.
Trentaquattro slide che producono una tabella finale di costi per 35,4 miliardi e di coperture per la stessa cifra.
Assai più dettagliate della legge di bilancio del governo Meloni che solo ieri sera intorno alle 18 ha preso corpo in 136 articoli a loro volta suddivisi in XV Titoli (capitoli).
In attesa di leggere nel dettaglio la più importante legge dello stato che è anche il biglietto da visita del neogoverno di destra-centro (i dettagli spesso fanno la differenza), il Terzo Polo non ha dubbi nel definire la prima legge di bilancio varata da Giorgia Meloni “priva di visione per il Paese”, quindi “non coraggiosa”, anzi “priva di nerbo e idee”, addirittura “pericolosa”.
Carlo Calenda non annuncia manifestazioni di piazza come hanno fatto Pd e 5 Stelle, “non l’abbiamo neppure letta, come si fa…”.
E ha chiesto all’ufficio studi di Azione e Italia viva di raccogliere dati e proposte ocnfluite in una contromanovra che è già stata inviata alla premier a cui è stato chiesto un incontro. «È nuova di questo lavoro – aggiunge il senatore e leader di Azione – pensiamo che debba essere aiutata e non solo contestata».
Chi scommette nell’appoggio che il Terzo Polo – lo fanno sistematicamente Pd e 5 Stelle – potrà dare alla maggioranza se e quando in difficoltà, troverà in queste parole facile conferme. Analizzando però la contromanovra, risulta difficile ipotizzare una collaborazione. Anzi.
La contromanovra del Terzo Polo infatti smonta pezzo dopo pezzo la “manovra coraggiosa, finalmente politica e con una visione” presentata lunedì notte a Giorgia Meloni.
Calenda convoca i giornalisti al Senato, accanto a sé le ex ministre Gelmini e Bonetti, Raffaella Paita e Luigi Marattin di Italia Viva, Matteo Richetti di Azione.
Anche loro, e sono in sei, parlano per circa un’ora e poi accettano una buona mezz’ora di domande. Si parla di testo “demenziale, una grande presa in giro soprattutto per gli elettori di centrodestra visto che tutte le promesse fatte in campagna elettorale sono state disattese”.
Non solo, non tiene neppure i conti sotto controllo (che invece è il punto d’onore di Meloni e Giorgetti rispetto ai timori di Bruxelles e dei mercati) visto che “non è chiaro da dove arrivino le coperture e alla fine sarà aumentata la pressione fiscale”.
Nel testo della manovra compare, ad esempio, la tassa del 5% sulle mance dei camerieri fino ad ora esenti da tutto in quando lasciate per lo più sul tavolo. Aumentano le tasse sui giochi, sui tabacchi e nasce la nuova tassa sulle criptovalute. Ma ci sarà tempo nelle prossime ore per altri dettagli.
Berlusconi – ha attaccato Calenda – “aveva promesso pensioni doppie” e invece “arriveranno sei euro al mese”; dovevano abolire “la Fornero e invece fai un intervento per 42mila persone che ci costerà alla fine della legislatura 3,5 miliardi di euro”; stop al reddito di cittadinanza e “poi affermi che non sai come farlo”; la “flat tax per tutti è diventata una flat tax solo per le partite Iva fino a 85mila euro” mentre i dipendenti pubblici o privati che hanno quel reddito pagheranno in tasse “tre volte” di più di quanto verserà una partita Iva. “Non ci sono investimenti di natura industriale. Che si fa sulla sanità? Sull’istruzione? Sulla ricerca? Sui giovani e le donne? Sulla povertà? Non c’è niente”.
Cominciamo da famiglie e imprese e dal contrasto al caro energia che assorbe due terzi della manovra Meloni, 21 miliardi su 35 totali. E’ la scheda numero 6 del dossier del Terzo Polo. Invece di andare avanti sulla falsa riga del governo Draghi – credito d’imposta, bonus famiglia, taglio accise e iva sui carburanti, misure che andavano bene in una prima fase dell’emergenza – Azione e Italia viva puntano allo stop al credito d’imposta fino al 40% e il bonus di 150 euro alle famiglie con redditi fino a 15 mila euro. Avanti, invece, con tre punti: “divisione (decoupling) del prezzo dell’elettricità prodotta dal gas e dalle rinnovabili”; “tetto variabile al costo delle bollette, ridotto del 50%, da gennaio a marzo data entro la quale si presume sarà attiva la soluzione europea” e che certo non può essere quella venuta fuori ieri che invece di fermare accelera la speculazione; “ripristinare lo sconto sulle accise dei carburanti” che invece il governo pensa di ridurre da 30 a 15 centesimi. “Questa soluzione – spiegava ieri Marattin – consentirebbe di ridurre i problemi di liquidità di famiglie e imprese. In particolare le imprese che oggi utilizzano il credito di imposta non dovranno più pagare il costo pieno della bolletta per poi chiedere un rimborso ma pagheranno direttamente un prezzo ridotto”.