Mattarella e il Covid, quelle parole opposte al liberi tutti
Il monito del capo dello Stato «a far uso di responsabilità e precauzione»
Meloni e l’irritazione per gli annunci di Salvini: almeno chiami e mi avvisi
«Non scambiamo la scienza con la religione».
Così aveva detto Giorgia Meloni, nella replica al Senato che stava per votare il suo governo. Sergio Mattarella la pensa allo stesso modo e non farebbe mai commistioni come quelle su cui recrimina la neopremier.
Per lui la fiducia nel lavoro scientifico appartiene alla sfera del razionale, di ciò che è verificabile attraverso riscontri concreti, e non c’entra con il provvidenzialismo di chi cerca rifugio nella religione.
Lo ha dimostrato la lotta al Covid: «La scienza è stata decisiva», individuando «i vaccini, scoperti e prodotti in tempi record». Senza quello strumento «saremmo costretti a contare molte migliaia di morti in più». È una puntualizzazione del capo dello Stato.
Un avvertimento che suona particolarmente importante, dopo che Giorgia Meloni ha annunciato un cambio di passo nell’affrontare la coda della pandemia.
Un memorandum che poggia su due cardini, oltre a quello sulla conferma del valore degli antidoti e la credibilità della scienza. Il primo: anche se «il periodo più allarmante è alle nostre spalle, non possiamo oggi proclamare la vittoria finale sul Covid», il che ci impone di «far ancora uso di responsabilità e precauzione», mantenendo «alta la sicurezza soprattutto dei più fragili, degli anziani e di quanti soffrono per patologie pregresse».
Il secondo: «La sanità pubblica va potenziata», soprattutto nella propria vocazione a «proteggere tutti i cittadini senza esclusioni» e ciò dovrebbe indurci a «usare al meglio le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza per accrescerne l’efficienza». Insomma, siamo all’opposto di quel «liberi tutti» con cui qualcuno (a partire dai sanitari no-vax, riammessi al lavoro) ha interpretato il programma del governo, che ha abolito anche i bollettini medici. Vale a dire che il Covid non può essere archiviato per decreto…
L’altro giorno l’hanno sentita urlare per la circolare redatta dal cerimoniale di palazzo Chigi, che impone di rivolgersi alla premier chiamandola «signor presidente del Consiglio».
«Ci mancava anche questa», ha commentato Meloni, che è alle prese con le mille emergenze di governo, con le scadenze da rispettare, i soldi da trovare. E soprattutto con una squadra da registrare. Perché è vero che in ogni colloquio con i partner internazionali ha accreditato l’immagine di un gabinetto solido e di una coalizione compatta.
Ma la fase di avviamento la sta facendo fumare molto più di quanto solitamente faccia, anche a causa della . Nemmeno il tempo di ricevere la fiducia delle Camere e il leader della Lega ha iniziato a promuovere i progetti di partito, «senza nemmeno farmi una telefonata per avvisare e concordare», si è lamentata la premier nei colloqui riservati.
Durante i quali ha espresso il suo disagio e una certa dose di irritazione.
Pensava nei primi giorni di potersi concentrare sul problema delle bollette, sulla manovra e sulla preparazione degli appuntamenti all’estero. Invece il capo del Carroccio ha di fatto imposto l’agenda a palazzo Chigi: prima lasciando ai suoi gruppi parlamentari l’incarico di presentare ; poi affidando al titolare della Salute il compito di indicare le nuove linee guida sul Covid, con quella formula del «liberi tutti» che ha innescato uno scontro nella maggioranza e prodotto l’esternazione di Mattarella.