Giorgia Meloni furiosa e il nuovo governo “senza diktat”: «Altrimenti torniamo al voto»
La leader di Fdi e la «mancanza di rispetto» di Berlusconi. E torna l’ipotesi di scegliere i ministri da sola: «Prendere o lasciare»
Fatto il Senato, tocca alla Camera. Poi sarà la volta del nuovo governo. Ma mentre in pubblico si complimenta con Ignazio La Russa e su Facebook posta foto degli eletti di Fdi, Giorgia Meloni in privato è furiosa.
Con Silvio Berlusconi per il diktat su Licia Ronzulli. «Noi lavoriamo per l’Italia, spero che gli altri vogliano fare lo stesso», dice in pubblico. Mentre ai suoi fa sapere che «quello di oggi (ovvero la scelta di Forza Italia sull’uscita dall’aula, ndr) è stata un grandissimo gesto di mancanza di rispetto». E qualcuno getta benzina sul fuoco esortandola a «non dare nulla agli alleati». Ovvero a ritirare quella «proposta generosa» con la quale sperava di aver trovato la quadra sui ministri. E a farsi davvero il nuovo governo «da sola», dicendo agli alleati semplicemente «prendere o lasciare».
Un governo, non un governicchio
La nuova premier in pectore ha detto anche altro ai suoi dopo lo showdown su La Russa.
Il suo sarà un governo e non un governicchio e se non c’è la possibilità di andare avanti, allora si tornerà a votare.
Niente compromessi al ribasso e niente galleggiamenti.
D’altro canto lei chiedeva nuove elezioni anche dopo le urne del 2018. Con l’indicazione di Lorenzo Fontana a Montecitorio, è il ragionamento, si vedrà se Forza Italia vuole ancora giocare o fare sul serio. Anche perché se saltasse il banco gli elettori la farebbero pagare proprio agli azzurri, è il ragionamento. Il Corriere della Sera scrive oggi che Meloni non ha intenzione di offrire a Fi i cinque ministeri che aveva promesso. Che invece diventavano sei nel biglietto del Cav.
Ovvero Antonio Tajani agli Esteri, la Giustizia per Casellati, l’Università per Anna Maria Bernini, la Pubblica amministrazione per Maurizio Gasparri, Transizione ecologica o Ambiente per Alessandro Cattaneo.
Più le Politiche europee per Ronzulli, la vera pietra dello scandalo.
E sicuramente sarà Meloni e soltanto lei a scegliere i nomi.
Indipendente dalle indicazioni dei partiti.
Forse nominando vicepremier Tajani e Matteo Salvini e con Giancarlo Giorgetti al ministero dell’Economia si vuole mantenere gli impegni elettorali.
Per rimuovere l’impasse sul tecnico di via XX Settembre. E per mandare un segnale a chi vuole mettersi di traverso: «Questi non si rendono conto, pensano solo a posti e poltrone. Dopo il loro gesto noi dovremmo votarli alle vicepresidenze? E perché?».
Il problema tra Ronzulli e Meloni
Dietro non c’è solo una questione di posti, anche se ieri si è parlato di un colloquio tra l’ex presidente della Consulta Giuliano Amato e l’esponente di Fdi Raffaele Fitto in cui si diceva che quest’ultimo sarebbe andato agli Affari Europei. Tra Meloni e Ronzulli, racconta un retroscena di Repubblica, non corre buon sangue da un paio d’anni. Hanno litigato per la prima volta durante il lockdown.
L’ex infermiera ora collaboratrice del Cavaliere se la prendeva con i No vax: «Sono parassiti. Possono scendere in piazza a protestare perché noi ci vacciniamo». Proprio mentre invece Fdi ingaggiava battaglie e guerre contro il Green pass. E fiancheggiava la piazza.
Nel 2021 Ronzulli e La Russa furono anche protagonisti di una furiosa litigata in pubblico. Lei voleva togliere l’accredito dalla sedia riservata proprio a Meloni durante la presentazione del candidato sindaco del centrodestra a Milano. «No, questa resta qui dove sta, non me ne frega un cazzo», aveva risposto l’attuale presidente del Senato.
Una come lei, una come l’altra
E ancora. Ronzulli a primavera ha anche messo in dubbio il principio della leadership del centrodestra basata su chi prendeva più voti. Un affronto, in pratica.
«Una come Ronzulli che giudica inadeguata una come Meloni», dicono i fedelissimi. «Il turismo non era abbastanza. Per lei esistevano solo la Salute o l’Istruzione. Ci rendiamo conto?», aggiungono.
Per questo ieri è arrivato lo scontro.
Impossibile sottostare ai ricatti di Licia. E a quelli di Silvio. «Giorgia ha fatto all in e ha vinto», è la conclusione.
“Quanto durerà” è la domanda successiva. Quella a cui nessuno vuole rispondere.