Bambini, nuovo studio sugli effetti dannosi di tv e video
Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Jama Pediatrics rivela gli effetti dannosi, per i bambini, di tv, tablet e smartphone.
Arrivano ulteriori conferme sugli effetti dannosi che la televisione, i tablet, gli smartphone e in generale i device tecnologici hanno nei bambini, soprattutto quelli in età prescolare (fascia 0-3 anni).
Rischio di comportamenti atipici
Lo studio è stato realizzato da esperti del College of Medicine della Drexel University di Philadelphia e dimostra che i bambini esposti alla televisione o alla visione di video potrebbero essere più a rischio di manifestare comportamenti atipici, come disinteressarsi e disimpegnarsi dalle attività, cercare stimolazioni più intense nell’ambiente circostante o sentirsi sopraffatti da suoni forti o luci brillanti. Insomma i risultati di questa ricerca “potrebbero avere importanti implicazioni per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività e l’autismo” ha spiegato l’autrice principale dello studio Karen Heffler.
Solo stimoli virtuali e astratti
Il tema della sovraesposizione dei bambini agli schermi è dibattuto da tempo anche in Italia. A parlarne la professoressa Clara Sardella, vicepresidente della sede regionale dell’ANPE Lazio-Abruzzo-Marche: “L’importante è fare un uso consapevole dei dispositivi, evitando i rischi per i bambini molto piccoli, compresi nella fascia 0-3 anni. A questa età i bambini non hanno ancora un uso del linguaggio fluido e il device fornisce degli stimoli virtuali e astratti, mentre il bambino deve sperimentare il mondo esterno attraverso i cinque sensi e con l’interazione con l’adulto di riferimento”.
Confondere realtà e finzione
Tra i rischi principali, dunque, c’è quello che il bambino confondi la realtà con la finzione, come ha spiegato la dottoressa Anna Oliverio Ferraris, psicoterapeuta e scrittrice, “La realtà del mondo reale deve venire prima del virtuale perché altrimenti i bambini si confondo moltissimo e non sanno più distinguere la fiction dalla realtà. Se io metto il bambino di fronte a una macchina lui non farà l’esercizio attivo di interagire con una persona che parla con lui”