Omar del massacro di Novi Ligure accusato di maltrattamenti alla moglie
Omar accusato di violenze e maltrattamenti. “Alla moglie diceva: ti sfregio con l’acido, non esci viva da casa”
Assieme alla fidanzata Erika, nel 2001 massacrò in una villetta di Novi Ligure la madre e il fratellino di lei.
Scontata la condanna a 14 anni, si è sposato e ha avuto una figlia. Ora è accusato di violenza sessuale e maltrattamenti nei confronti della donna e della figlioletta
Il passato ritorna facendo riemergere ricordi che tutti avrebbero voluto dimenticare.
A 22 anni di distanza dal massacro di Novi Ligure, episodio di cronaca ancora vivo per ferocia e crudeltà, Omar torna a far parlare di sé. Era il 21 febbraio del 2001 quando, per la prima volta, il nome di Omar appare su tutti i media, associato a quello della fidanzata dell’epoca, Erika, per la strage familiare che sconvolse l’Italia: la coppia massacrò con 97 coltellate la madre di lei, Susy Cassini, e il piccolo Gianluca, il fratellino che aveva solo 11 anni.
PUBBLICITÀ
Nel dicembre 2001, il tribunale dei minori di Torino condannò in primo grado Erika a 16 anni e Omar a 14 anni, sentenza confermata in Cassazione. Il ragazzo sembrava aver espiato le sue colpe e che si fosse pentito, rifacendosi nel tempo una vita: una moglie e una figlia. Una sua famiglia, una casa sua ma, a quanto pare, l’ambiente familiare tutto era tranne che tranquillo. Omar – rivela Repubblica – oggi è accusato di violenza sessuale nei confronti della moglie e di terribili maltrattamenti avvenuti per anni su di lei e sulla figlia.
Il clima di paura tra le mura di casa, ma niente misure cautelari
Da quello che è emerso tra le mura di casa il clima era di costante paura, controllo e insulti. Omar minacciava la moglie di morte, picchiandola, abusando di lei con soprusi fisici e psicologici. «Ti sfregio la faccia con l’acido», «ti mando su una sedia a rotelle», «ti faccio la festa». E ancora: «Fai schifo», «non esci viva da qui». Oggetti scagliati addosso, cellulari rotti, il divieto di chiamare i carabinieri. La donna ha taciuto a lungo per paura. Ma il silenzio è servito solo a peggiorare la situazione. La procura di Ivrea ha tentato di fermare Omar, chiedendo una misura cautelare: il divieto di avvicinamento per quelle ripetute minacce di morte. Ma il giudice lo ha negato. La coppia nel frattempo si è separata e, secondo il magistrato, non c’è più l’attualità del pericolo. Tutto sarebbe avvenuto prima del 2022.
Il giudice: Omar ha espiato le colpe
«Il suo passato non c’entra ma continua a perseguitarlo e non deve essere strumentalizzato come invece si sta cercando di fare in una vicenda che guarda caso nasce proprio durante una causa di separazione dove è in discussione l’affidamento della figlia» ha spiegato l’avvocato Lorenzo Repetti che è tornato ad assistere Omar.
L’appello delle pm: “Bisogna tenerlo lontano dall’ex moglie”
Ma la paura del passato, della violenza, ha fatto sì che la pm Valentina Bossi e la procuratrice capo di Ivrea Gabriella Viglione non si siano fermate.
Hanno fatto appello contro il rifiuto della misura.
Ora, il fascicolo è arrivato al tribunale del riesame di Torino che dovrà rivalutare la situazione delle vittime e il rischio che stanno correndo.
Violenze sessuali e maltrattamenti alla figlia
Omar e l’ex moglie si sarebbero conosciuti circa otto anni fa sui social. All’inizio sembravano una coppia normale, poi chissà cosa sia scattato nella testa di Omar. La quiete familiare trasformata in incubo per l’ex moglie e la figlioletta. I fatti contestati coprono un periodo di almeno due anni.
L’inferno vissuto in casa, dal 2019 al 2021, in un paese del torinese. La prigione del Covid, quando la moglie sarebbe stata costretta a subire più volte violenze sessuali.
Scaraventata a terra tanto da rimanere ferita. Polsi e caviglie legati per costringerla a subire abusi, le mani strette intorno alla gola. Anche la bimba sarebbe stata vittima di alcuni maltrattamenti. Le indagini, ancora in corso, sono state scrupolose per cercare di ricostruire cosa sia successo e superare le difficoltà e la paura dell’ex moglie. Lei non sarebbe stata libera di vestirsi come voleva, nemmeno di praticare la sua religione. E sarebbe stata costretta a dargli tutti i soldi guadagnati con il proprio lavoro.
“Accuse infondate” afferma la difesa di Omar
«Omar ha appreso solo ora di queste imputazioni totalmente infondate – dice il difensore – a febbraio una perizia del giudice civile ha confermato la sua capacità genitoriale. A marzo è finito di nuovo sotto accusa». La donna ha cercato di rifarsi una vita, trovando un nuovo compagno, andando a vivere altrove. Ma Omar sarebbe arrivato a minacciare anche lui. Dicendo persino alla figlia di riferirgli messaggi inquietanti. Ogni tentativo della donna di chiedere aiuto, in passato, sarebbe stato bloccato. Una volta, ad esempio, un carabiniere le si sarebbe avvicinato per strada per chiederle se andasse tutto bene. Ma anche quella volta lei non sarebbe riuscita a raccontare nulla. Omar, sottovoce all’orecchio, le avrebbe intimato: «Guai a te se parli».