Bambini poveri e salute: 12 anni di vita sana in meno tra Calabria e Bolzano
Allarme dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia di Save The Children: disuguaglianze sociali e pandemia hanno peggiorato la salute dei bambini e l’equilibrio psichico degli adolescenti.
Poveri anche di salute. Le disuguaglianze pesano sul benessere psico-fisico di tanti, troppi bambini in Italia.
Un esempio? Un ragazzino di Caltanissetta ha 3,7 anni in meno di aspettativa di vita di un bambino di Firenze.
Ancora peggio sulla speranza di vita in buona salute: più di 12 anni di differenza tra la Calabria (54,4 anni) e la provincia di Bolzano (67,2 anni). Sì, è anche questo il Belpaese, la nazione in cui 1 milione e 400 mila bambini vive in povertà assoluta e dove la pandemia da Covid-19 ha amplificato l’intreccio tra disuguaglianze e salute, dalla nascita fino all’adolescenza. E il Servizio sanitario nazionale, punto fermo di democrazia e uguaglianza, nonostante le tante eccellenze spesso è “nazionale” solo sulla carta.
Fanno riflettere – e preoccupano – i dati della XIII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia realizzato da Save The Children, l’organizzazione internazionale che dalla fine della Prima guerra mondiale si batte per garantire un futuro a tutte le bambine e i bambini.
Quest’anno il dossier ha per titolo “Come stai?” e viene diffuso oggi, in vista della Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza del 20 novembre. Lo studio fotografa le condizioni di vita di bambini, bambine e adolescenti nel nostro Paese, per denunciare l’impatto che le disuguaglianze socio-economiche, educative e territoriali hanno sul benessere psico-fisico dei bambini.
Save The Children va oltre la denuncia e formula una serie di proposte per invertire la rotta: attivare le nuove Case della Comunità finanziate dal Pnrr, efficaci presidi per la salute dell’infanzia; assumere i 1.400 pediatri che mancano all’appello; garantire in tutte le Regioni i più avanzati screening neonatali; realizzare la prevenzione e la cura del disagio mentale degli adolescenti; ma anche più semplicemente assicurare la mensa scolastica e le attività sportive gratuite, per combattere la povertà alimentare e promuovere sani stili di via.
Ma quanti sono i bambini poveri? Troppi: quasi 1 milione e 400 mila i minori in povertà assoluta, il 14,2%, dato che sale al 16% nel Mezzogiorno. Prima della pandemia il tasso di mortalità infantile entro il primo anno era di 1,45 decessi ogni mille nati vivi in Toscana, scandalosamente più che doppio in Sicilia (3,34) e addirittura triplo in Calabria (4,42). Un bambino che si ammala al Sud nel 2019 aveva una probabilità di dover migrare in altre regioni per curarsi del 70% più alta rispetto a un bambino del Centro o del Nord Italia. Davvero è nazionale il Servizio sanitario?
«Nel panorama mondiale, il nostro servizio sanitario nazionale si posiziona come una eccellenza per la cura dei bambini – riconosce Claudio Tesauro, presidente di Save the Children Italia – ma questo non deve spingerci ad ignorare i divari e le criticità che la pandemia ha contribuito ad accentuare. I dati dell’Atlante mostrano la necessità di mettere la salute dei bambini al centro di tutte le scelte politiche, dalla tutela dell’ambiente urbano alle mense scolastiche, fino agli spazi per lo sport e il movimento, con una particolare attenzione al tema della salute mentale degli adolescenti».
La pandemia, è evidente, ha reso ancora più drammatiche le diseguaglianze, acuendo i divari territoriali e facendo esplodere i problemi cronici. Al netto dei recenti finanziamenti straordinari per la pandemia, il nostro Paese nel decennio pre-Covid-19 aveva dedicato sempre meno risorse pubbliche all’assistenza sanitaria:l’Italia nel 2019 ha investito il 6,4% del Pil, molto meno della Germania (9,8%) o della Francia (9,3%). Contemporaneamente, cresceva la spesa sanitaria a carico delle famiglie, il 2,3% del Pil, quando in Francia e Germania si limitava all’1,9 e all’1,8% . Le famiglie italiane più abbienti con figli minori spendono per la salute 250 euro mensili nel privato; quelle meno abbienti meno di 50 euro.
E si investe ancora troppo poco per prevenire, quando costerebbe assai meno che curare: dei fondi per la salute, solo il 12% va in prevenzione e medicina di base, il 44% è per l’assistenza ospedaliera, ma solo il 6% per i minorenni, che sono comunque il 15,6% della popolazione; nel 2020 i posti letto in degenza ordinaria nei reparti pediatrici erano solo il 4,1% del totale. Colpa del crollo demografico? No, perché pur con soli 400 mila nati nel 2021, mancano all’appello sui territori ben 1.400 pediatri di base.
Nel biennio 2020-21, la pandemia ha avuto contraccolpi su tutto il Ssn: le vaccinazioni nei primi mesi di vita – non quelle anti-Covid – hanno subito una significativa riduzione, così come le diagnosi di tumore pediatrico, meno 33% nel 2020 . Colpita anche la rete dei consultori familiari: ben prima del Covid19, il loro numero si era andato assottigliando. Tra 2014 e 2020 una riduzione di oltre il 6%, e nel biennio 2018-19 la media di utenti per singola struttura era di 32.325 persone , ben sopra dei 20 mila stabiliti per legge.
Ancora più preoccupante la situazione dei ricoveri per patologia neuropsichiatrica infantile: più 39,5% tra 2019 e 2021 (le prime due cause: psicosi e disturbi del comportamento alimentare), mentre in tutto il Paese si contano solo 394 posti letto in degenza in questi reparti. E Calabria, Molise, Umbria e Valle d’Aosta non ne hanno neanche uno. La Società Italiana di Pediatria avverte che tra marzo 2020 e marzo 2021 in 9 regioni italiane (Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Umbria), c’è stato un aumento del 39,5% nei ricoveri per patologia neuropsichiatrica infantile. La principale causa? L’ideazione suicidaria, cioè l’intenzione di porre fine alla propria vita, seguita da depressione e disturbi della condotta alimentare. Già prima della pandemia 200 bambini e ragazzi su mille manifestavano un disturbo neuropsichiatrico (un milione 890 mila minori), ma meno di un terzo aveva accesso ad un servizio territoriale di neuropsichiatria per minori.
E non è solo il sistema sanitario a dover assicurare la salute di un bambino, ma l’intero ambiente di crescita. Un esempio? L’81,9% dei bambini vive in zone con polveri sottili sopra i limiti dell’Oms (il 100% in ben 8 regioni: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Trentino Alto Adige, Veneto). Una possibile causa scatenante dell’asma per l’8,4% dei bambini, che incide anche sullo sviluppo cognitivo, che migliora del 13% nelle scuole con i più bassi livelli di polveri sottili nell’aria. E poi lo sport: un minore su 4 non lo pratica mai (il 45,5% in Campania, il 6,9% a Bolzano). Con la pandemia, i bambini in sovrappeso o obesi sono passati dal 32,6% al 34,5%.
Sì, perché tanti bambini mangiano male. La povertà alimentare ne colpisce 1 su 20, e l’accesso alla mensa scolastica – per alcunil’unica occasione quotidiana di un pasto equilibrato e proteico – si limita ad 1 bambino su 2 nella scuola primaria quando dovrebbe essere considerata un servizio essenziale tra i 3 e i 10 anni. La buona alimentazione fa difetto anche per il 32% degli adolescenti 11-17enni: uno su tre non mangia mai frutta e verdura.
«Il Pnrr prevede un investimento significativo sulla Missione Salute (più di 15 miliardi) – commenta Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children – per una riforma della sanità territoriale che può rispondere a molte delle criticità rilevate. Ma perché sia possibile è indispensabile accompagnare l’investimento sulle strutture ad un investimento di lungo periodo sulle risorse umane colmandoin primo luogo le gravissime disuguaglianze di accesso ai servizi», .