Mattarella a Bari insieme a Crosetto per la Festa delle Forze Armate: cerimonia al sacrario, poi parata sul lungomare.
Il capoluogo pugliese accoglie nuovamente Sergio Mattarella. Prima al sacrario dei caduti d’Oltremare, poi sul palco di allestito sul lungomare Nazario Sauro in occasione della Festa delle Forze armate e dell’Unità nazionale. Con la visita di oggi, il Presidente della Repubblica sarà stato per la quinta volta a Bari, la settima nell’area metropolitana. Insieme a lui il neo-ministro della Difesa Guido Crosetto e il capo di stato maggiore della Difesa, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone. Sul mare gli aerei delle Frecce Tricolori in sorvolo, insieme ai parà, e le navi della Marina Militare «Duilio», «Bergamini» e «Carabiniere» sparano ventuno colpi a salve secondo la pratica del saluto militare, proprio per accogliere il Presidente.
Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, durante la cerimonia al Sacrario militare dei Caduti d’Oltremare, dopo aver deposto la corona d’alloro, ha visitato anche la tomba dell’unica donna presente, quella di Mari Boni Brighenti, crocerossina morta a Tripoli nel 1915 e sepolta a Bari assieme al marito. Un «fuori programma» di pochi minuti per il presidente della Repubblica che, dopo la preghiera dei caduti, ha firmato l’Albo d’onore prima di lasciare il Sacrario militare accompagnato dalle note dell’inno nazionale suonato dalla Brigata Pinerolo e dagli applausi dei bambini delle scuole elementari in festa.
Il discorso di Mattarella
«La ricorrenza del 4 novembre, che oggi celebriamo, scandisce un momento importante e imprescindibile della nostra storia. La vittoria insieme agli Alleati contro gli Imperi Centrali, che poneva fine alla tragedia della Grande Guerra, segnava anche l’approdo della nostra lotta risorgimentale iniziata decenni prima. Un percorso lungo, sofferto, costato sacrifici, dolore, lutti. Costellato di eroismo, di speranze, di impegno per la libertà, di amore per la nostra Patria. E’ con questo spirito e con questa consapevolezza che oggi celebriamo la giornata dedicata all’Unità nazionale e alle nostre Forze Armate».
«Ogni nome di soldato caduto che leggiamo nelle lapidi dei nostri sacrari, accanto alle migliaia di sconosciuti, rappresentati tutti dalle spoglie del Milite ignoto all’Altare della Patria, racconta un frammento della nostra storia collettiva. Vite spezzate, sacrificate. Giovani che non hanno avuto il dono di vivere il futuro che avevano sognato. Genitori che li hanno pianti, mogli e figli che hanno atteso inutilmente sposi e padri che non sarebbero mai tornati alle loro case. La nostra storia, anche quella di oggi, è frutto anche di quel dolore. E ha valore proprio perché ne ha saputo fare memoria». La «consapevolezza di quanto sia terribile la guerra si è radicato nel cuore della nostra Europa il dovere ineludibile della pace. Non è un caso se a sognare e a costruire i pilastri dell’unità europea sia stata la generazione che avvertiva le cicatrici dei due conflitti mondiali. E l’unità europea, che ha visto collaborare in spirito di amicizia Paesi e popoli che si erano contrapposti e combattuti, è stata il presidio più forte per garantire pace, sicurezza, prosperità e sviluppo al nostro Continente. L’Italia ha dato uno straordinario contributo affinché ciò fosse possibile».
«Reagire alle crisi con prontezza e flessibilità significa anche, sul piano interno, adeguare il nostro strumento militare per conseguire o consolidare le capacità necessarie ad affrontare i nuovi scenari. Scenari e terreni di impegno nei quali spesso è difficile operare una distinzione o una separazione netta tra ciò che è militare e ciò che è civile. Penso ai nuovi domini: lo spazio, la dimensione cibernetica, e anche lo spazio subacqueo. Su queste frontiere, alcune delle quali ancora poco esplorate, si sta già giocando una competizione internazionale serrata, la cui posta in gioco ha molto a che fare con la nostra sicurezza. I nostri militari e il mondo della difesa hanno competenze e professionalità per svolgere un ruolo di primo piano in queste sfide».
«Altruismo, coraggio, spirito di sacrificio, amore per la nostra Patria e per la nostra gente: questi valori sono ciò che caratterizza le nostre donne e i nostri uomini che indossano la divisa e che, con il loro impegno e le loro storie, hanno contribuito alla costruzione della nostra unità, a quella che oggi è la Repubblica. I ragazzi delle trincee della Grande Guerra. E poi le pagine drammatiche del secondo conflitto, la Resistenza dei militari che dissero no al nazifascismo, i martiri di Cefalonia. L’esempio di un ragazzo buono e generoso che diventò eroe per salvare la vita di altri italiani: Salvo D’Acquisto, medaglia d’oro al valor militare, di cui il prossimo anno ricorderemo gli ottanta anni dal suo sacrificio. Sono soltanto alcune tessere del mosaico che in questa giornata vogliamo ricordare».
«Vorrei formulare un auspicio. Come è noto il 4 novembre è definito dalla legge 260 del 1949 giorno dell’Unità Nazionale. Il fatto di ricomprendere in questa giornata la Festa delle Forze Armate appartiene alla tradizione e a quel sentimento di omaggio alla memoria che trova grande riscontro nella coscienza delle nostre comunità. Credo che sia necessario, come ho ricordato alcuni mesi addietro al Governo, di assumere in legge la definizione completa del 4 novembre come Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate. Lo dobbiamo alla nostra storia».
«Non è un caso se tra i primi obiettivi cui si dedicarono i padri fondatori dell’Europa vi fosse la Difesa comune. Alcuni passi sono stati compiuti, ma troppo poco e troppo lentamente. Questo resta un grande obiettivo per il quale l’Italia può dare un importante contributo, sia in sede politica, sia attraverso il patrimonio tecnologico e industriale di cui dispone. Nella convinzione che investire nella Difesa europea significa anche rafforzare l’Alleanza Atlantica nel suo pilastro continentale».
Il presidente della Repubblica: «Oggi si muore nel cuore d’Europa»
«Ci siamo abituati alla pace. L’Europa unita è stata per 70 anni l’antidoto più forte a egoismi e nazionalismi. Diverse generazioni sono nate e cresciute in un Continente che sembrava aver cancellato non soltanto la parola guerra ma talvolta persino la sua memoria. Poi improvvisamente la guerra – la tragedia della guerra – è riapparsa nel nostro Continente. È accaduto a causa della sciagurata e inaccettabile aggressione che la Russia ha scatenato contro l’Ucraina e il suo popolo. Dalla fine di febbraio si combatte, si muore nel cuore d’Europa».
Proprio in relazione alla guerra in Ucraina «assume un significato speciale questa celebrazione del 4 novembre, giornata nella quale l’Italia si stringe, con riconoscenza, attorno alle sue Forze Armate. Perché nessuno più degli uomini e delle donne che indossano una divisa conosce il valore della pace e cosa significhi metterla a rischio. I nostri militari sono impegnati per garantire pace e sicurezza in tante aree del mondo. Lo fanno con straordinaria professionalità e competenza, con uno spirito di umanità che li fa apprezzare come un vero e proprio modello. Voglio ricordare quanti in questi anni hanno sacrificato la loro vita o sono rimasti feriti compiendo il loro dovere in missione. A loro la Repubblica è grata Lo ha detto il presidente Sergio Mattarella parlando a Bari in occasione del 4 novembre.
«I punti fermi della nostra bussola restano la vocazione europeista e il solido legame transatlantico. Quanto sta accadendo nella nostra Europa parla alla responsabilità degli uomini delle istituzioni. Ci dice che la pace si costruisce ogni giorno. Prima di tutto nella coscienza delle nuove generazioni, nel cuore di quel popolo che si sente europeo, accomunato dalla medesima concezione di libertà, di diritti, che ripudia l’idea stessa di guerra. Come dice la nostra Costituzione, che indica anche la via e gli strumenti che rendano concretamente possibile questa scelta».
«I media di tutto il mondo rilanciano le immagini terribili di un conflitto che non risparmia le popolazioni civili. Anziani, bambini in fuga dalle bombe. L’incubo di ulteriori scenari che sembravano inimmaginabili fino a poche settimane fa. Sono passati molti mesi senza che si intraveda uno spiraglio. Eppure la pace continua a gridare la sua urgenza. Una pace giusta, fondata sul rispetto del diritto internazionale e sulla libertà e la libera determinazione del popolo ucraino. Perché non vogliamo e non possiamo abituarci alla guerra».