Ucraina: ‘Liberata la regione di Kiev’, 300 morti in fosse comuni
Russi spingono a sud e est. A Bucha cadaveri per le strade. Mariupol martoriata in attesa della fuga
Il governo ucraino rivendica un importante successo nella guerra contro la Russia, la “completa liberazione della regione di Kiev”, e conferma tutti i segnali di una progressiva smobilitazione dalla capitale delle truppe di Vladimir Putin.
Il loro passaggio, tuttavia, lascia dietro di sé una lunga scia di sangue.
A partire dal sobborgo di Bucha, dove centinaia di morti sono stati seppelliti in fosse comuni. Tra l’altro, lo stato maggiore ucraino si prepara ad un nuovo massiccio attacco di Mosca nel sud e nell’est, nuovo obiettivo dopo il fallimento dell’invasione totale del Paese.
Un segnale in questa direzione arriva dalla Transnistria, piccolo stato de facto sotto l’orbita russa, dove arrivano le prime notizie di una mobilitazione delle truppe di Putin che potrebbero tentare una sortita anche da ovest. E’ stato il viceministro della Difesa ucraino, al termine del 38esimo giorno di guerra, ad annunciare che i russi sono stati respinti da Kiev. Gli invasori sono ritirati da alcune città chiave come “Irpin, Bucha, Gostomel e l’intera regione di Kiev è stata liberata”, ha comunicato Ganna Maliar.
Così in vari distretti dell’Oblast, da Brovary a Vyshgorod, è stato introdotto un coprifuoco di due giorni per sminare il territorio. Lo stesso hanno deciso le autorità di Bucha, sobborgo appena liberato dopo oltre un mese ma diventato uno scheletro di edifici.
Il dramma dell’occupazione è riassunto in due immagini: venti cadaveri in abiti civili allineati in una strada e oltre 300 morti senza una lapide, ma seppelliti in fosse comuni. Perché i tre cimiteri erano tutti nel raggio di tiro dei soldati russi, ha spiegato il sindaco Anatoly Fedoruk.
La ridotta pressione su Kiev e sul nord del Paese, confermata anche dagli americani, non ha comunque allentato la tensione degli ucraini, secondo cui Mosca ha semplicemente cambiato tattica: “Non ci facciamo illusioni, ci aspettano ancora pesanti battaglie nel sud, per Mariupol, e nell’est”, ha stimato il consigliere Arestovych. Avvertendo che la sfida “non sarà facile”.
Per Kiev i russi stanno cercando di stringere la morsa sul Donbass mandando rinforzi proprio dal nord-est, come testimoniano i combattimenti sempre più aspri tra Kharkiv e Izyum (in uno dei villaggi della regione è stata colpita una diga facendo esondare il fiume Seversky Donets). E lungo la stessa direzione, nelle regioni centrali del Paese, pesanti bombardamenti hanno colpito Dnipro e Poltava, dove sono state distrutte le piste d’atterraggio delle forze armate ucraine.
Nel sud i raid hanno colpito nuovamente la regione del Donetsk, ancora non completamente in mano ai secessionisti, e il Lugansk, per metà ancora controllata dagli ucraini.
Secondo il governatore Serhiy Haidai, è stato colpito un gasdotto che ha tagliato fuori dalle forniture 60mila famiglie in 36 villaggi e città intorno a Severodonetsk. Le forze d’invasione, tuttavia, continuano ad affrontare una strenua resistenza, anche nelle zone già occupate. Come a Enerhodar, nell’oblast di Zaporizhzhia, dove le autorità civiche hanno denunciato che le truppe hanno sparato contro i manifestanti. Quattro feriti e diversi arresti nella città che ospita la più grande centrale nucleare d’Europa.
Anche a Mariupol le forze nazionaliste del Battaglione Azov continuano a tenere testa ai russi in centro, tanto che i combattimenti rallentano le evacuazioni. Anche in questa giornata proseguite a singhiozzo. I russi, per tagliare fuori l’Ucraina dall’accesso al mare, potrebbero tentare un altro colpo a sorpresa. Secondo lo stato maggiore di Kiev l’Armata ha iniziato a mobilitarsi a ovest, in Transnistria. La regione della Moldavia, ma autonoma de facto sotto il cappello russo, potrebbe essere utilizzata per “condurre provocazioni e svolgere azioni dimostrative al confine con l’Ucraina”. Il governo moldavo non ha confermato la presenza russa in quel territorio, ma le autorità ucraine restano in allerta. Temendo di dover combattere in un nuovo fronte.