La tempesta perfetta sta per abbattersi sulla Germania
Nessuna no-fly zone. E neppure una “missione di pace” della Nato in Ucraina.
È “difficile”, spiega il cancelliere tedesco Olaf Scholz davanti ai parlamentari riuniti mercoledì per discutere il bilancio. Ma la linea è chiara. La Germania “non cederà” alle richieste del presidente Volodimir Zelensky, che da settimane invoca la chiusura dei cieli ucraini per fermare i bombardamenti russi. “La Nato – ha ribadito Scholz – non diventerà una delle parti in conflitto”.
Su questo, assicura, “siamo d’accordo con i nostri alleati europei e americani”.
Finora il cancelliere tedesco non aveva replicato nel merito alle critiche mosse la scorsa settimana dal presidente ucraino, che in collegamento con i deputati del Bundestag aveva accusato l’Europa e la Germania di pensare solo agli “affari” e di non essere davvero pronte ad abbattere il nuovo “muro” costruito da Mosca tra l’Ucraina e il mondo libero.
Nel suo intervento di oggi in Parlamento chiarisce quello che ormai era ovvio. E cioè che la posizione del successore di Angela Merkel non si discosta poi molto da quella della ex cancelliera. La stessa che nel 2008, nel vertice Nato di Bucarest, si oppose fermamente all’ingresso di Kiev e Tibilisi nell’Alleanza Atlantica e che dal 2014 si è spesa per cercare di trovare una sintesi con il Cremlino sul dossier Ucraina attraverso il formato normanno.
Scholz è altrettanto netto quando spiega che le sanzioni “non devono colpire gli Stati europei più duramente di quanto colpiscano la leadership russa”. Il riferimento è all’ipotesi, scartata categoricamente dalla Germania, di bloccare le importazioni di gas e petrolio russo per mettere in ginocchio Putin. Berlino, assicura Scholz, vuole interrompere rapidamente la dipendenza energetica da Mosca, ma “farlo da un giorno all’altro” vuol dire una sola cosa per l’Europa e la Germania: “Recessione”. “Centinaia di migliaia di posti di lavoro – avverte il cancelliere – sarebbero in pericolo. Tutta l’industria sarebbe sul baratro”. Una posizione, questa, che però lo mette nel mirino, anche dei suoi stessi alleati, che lo accusano di non fare abbastanza per l’Ucraina.
Indicativo per capire il clima di nervosismo che si respira in Germania è stato lo scambio della scorsa settimana, poi sparito dal web, tra l’ambasciatore ucraino nel Paese, Andrij Melnyk, e il segretario di Stato socialdemocratico presso il ministero delle Abitazioni, Sören Bartol. L’esponente del partito del cancelliere aveva definito “insopportabile” il diplomatico, che insisteva perché la coalizione di governo chiarisse “cosa esattamente avesse intenzione di fare per l’ Ucraina e per porre fine alla guerra di sterminio della Russia”. Bartol ha poi cancellato il tweet scusandosi con Melnyk.
Ma la guerra continua a far saltare ogni previsione e a creare scompiglio anche all’interno dell’esecutivo tedesco: il ministro delle Finanze Christian Linder, che aveva promesso di riportare i conti in ordine dopo la pandemia, si è ritrovato a dover tirar fuori altri 100 miliardi di euro per il riarmo, mentre i verdi, costretti a difendere il gas russo e a chiudere gli occhi sul nucleare per evitare un avvitamento dell’economia, cercano di giustificarsi con i propri elettori. Mentre la ministra degli Esteri verde, Annalena Baerbock assicura commossa di voler fare il possibile per l’Ucraina, il vice cancelliere e ministro dell’Economia Robert Habeck, esponente dello stesso partito, deve spiegare ai tedeschi che proprio tutto non si può fare, visto che chiudendo i rubinetti dei gasdotti non ci sarebbe altra strada che quella dei “lockdown produttivi”.
Scholz ha l’arduo compito di tenere insieme le diverse anime della coalizione mentre prosegue l’avanzata dell’esercito russo sul terreno e la curva dei contagi cresce, come anche l’inflazione. Secondo un approfondimento di Italia Oggi nelle prossime settimane potrebbe sfondare quota 7 per cento. Non succedeva da cinquant’anni. Una tempesta perfetta, insomma, che rischia di travolgere la “Ampel koalition”. Non a caso ad appena cento giorni dal suo insediamento, il lavoro della “coalizione semaforo”, formata da socialdemocratici, liberali e verdi, viene visto positivamente soltanto da poco più di un tedesco su tre. I restanti bocciano senza appello il nuovo premier.
Il dato più significativo, infatti, è che, contro la tradizione della repubblica federale, quasi la metà, il 45 per cento, non riconfermerebbe il nuovo cancelliere per un secondo mandato al termine di questi quattro anni. Scholz, quindi, è di fatto già in crisi, mentre a recuperare consensi è la Cdu, che se si votasse domani otterrebbe il 26 per cento, raggiungendo il partito del premier.