Riappare il Mes e la maggioranza rischia di andare in tilt
Come un nastro che si riavvolge, il tema del Meccanismo europeo di stabilità torna all’ordine del giorno e rischia subito di terremotare nuovamente le forze di governo
Dopo due anni torna sulla scena il Mes, che tanto aveva diviso la maggioranza all’epoca del governo Conte II. Provocando allora forti fibrillazioni anche nel centrodestra. Come un nastro che si riavvolge, il tema torna ora all’ordine del giorno e il Meccanismo europeo di stabilità rischia subito di terremotare nuovamente le forze di governo. Il punto è che l’Italia è in ritardo e l’Ue insiste affinché proceda alla ratifica del Trattato di riforma del Mes.
A riaccendere i riflettori sulla vexata quaestio è il ministro dell’Economia Daniele Franco che, rispondendo a una interrogazione di Italia viva durante il question time alla Camera, ha spiegato: “Il governo conferma l’intenzione di presentare il disegno di legge di ratifica”. Il titolare del Mef ha quindi ricordato che “ad oggi 17 stati membri hanno già completato le relative procedure di ratifica” e l’Italia “darà seguito agli impegni assunti con i partner europei”.
Sono sufficienti queste poche parole per surriscaldare il clima. Giorgia Meloni promette le barricate: “Non abbiamo cambiato idea, siamo pronti a respingere con tutte le nostre forze questo ennesimo tentativo di riforma di un Trattato che non fa gli interessi dell’Italia”, scandisce la leader di FdI.
Contraria al Mes anche la Lega, posizione che divise Salvini e Meloni da Silvio Berlusconi, che a suo tempo era invece pronto a valutare la richiesta di accedere alle risorse del cosiddetto Fondo salva Stati. Per ora i leghisti glissano ed evitano di intervenire sul tema, giustificando la reticenza con il fatto che non si tratta di una questione all’ordine del giorno. Detto questo, non è un mistero la contrarietà del partito di via Bellerio all’adesione al Trattato, ed è difficile al momento intravedere spiragli di apertura.
Da sempre contrario anche il Movimento 5 stelle, linea che spaccò l’allora maggioranza giallorossa. E la posizione, viene spiegato, non è cambiata. Anche se Giuseppe Conte sembra essere meno tranchant, preferendo la cautela: “Sul Mes ha già lavorato il mio governo. Vediamo le modifiche, le discuteremo, se sono sostenibili le appoggeremo”, si limita a spiegare.
La ratifica della riforma del Trattato, tuttavia, non è un passaggio irrilevante: senza, verrebbe meno il rafforzamento dell’Unione bancaria e monetaria e, ad esempio, non si attiverebbe il meccanismo di ‘backstop’, una sorta di paracadute finanziario. Tra i favorevoli c’è Italia viva: il partito di Matteo Renzi sin dall’inizio ha spinto affinchè l’Italia chiedesse i fondi del Mes e ora torna a cavalcare la necessità di sottoscrivere la riforma. “In questa legislatura si sono sentite cose inenarrabili sul Mes”, ricorda Luigi Marattin, presidente della commissione Finanze di Montecitorio.
“La ratifica del Mes è urgente – incalza l’esponente di Iv – contiene cose urgenti al nostro Paese, a partire dal backstop e dalla riforma delle linee di credito. La ratifica va fatta in fretta. Ogni esitazione ci danneggia”. Dello stesso avviso il Pd, che chiede “a tutte le forze politiche grande serietà e attenzione al merito, mettendo da parte totem ideologici puramente demagogici”, spiega Piero De Luca.
Insomma, tranquillizza gli scettici l’esponente dem, “ratificare il Trattato di riforma non implica nessuna decisione sull’utilizzo di questo strumento, che non è assolutamente all’ordine del giorno”. Anzi, “la riforma migliora l’impianto iniziale del Mes” e, scandisce De Luca, “non ci sono rischi di ristrutturazione del debito o di sorveglianza rafforzata dei conti pubblici italiani”, ma “solo benefici”